Michele Brambilla
(da Gesù spiegato a mio figlio. edizioni Piemme)
...c'è però anche un male che non dipende dagli uomini. Le malattie, per esempio. Soprattutto quelle che colpiscono i bambini, che sono gli esseri più innocenti. Chi ha colpa se un bambino nasce con una grave malformazione? E che colpa ne hanno i suoi poveri genitori?
Allora, quando succedono queste cose, viene spontaneo chiedersi: ma perchè Dio lo permette? non è forse onnipotente?
Di fronte al dolore degli innocenti, ci sono uomini che si sentono autorizzati a dire: se Dio esiste, è più cattivo di me, perchè io non permetterei mai una sofferenza così grande, un'ingiustizia così grande. E' il ragionamento che hanno fatto, tra gli altri, i "Comunardi" parigini del 1870, che erano atei e cantavano: "Dio non esiste. Ma se esistesse, bisognerebbe fucilarlo. Non deve passarla liscia quel vecchio sadico dalla barba bianca".
Non ti scandalizzare, ma adesso ti dico che queste invettive contro Dio sono perfettamente comprensibili.
O meglio: sono perfettamente comprensibili per tutte le religioni, tranne che per quella che predica un Dio che, fattosi uomo, è morto crocefisso.
Sì, solo se Dio è quello rivelato da Gesù, solo se Dio è quel Gesù che non si è sottratto al dolore, l'uomo non può ritenersi moralmente superiore a Lui.
A questo punto mi potresti chiedere: ma non poteva evitarlo per tutti, per sé e per gli altri, il dolore?
Certo, ti rispondo,: L'esistenza del dolore resta un mistero. Ma noi sappiamo che Dio, che è onnipotente, avrebbe potuto cancellarlo con una sola parola: ma non lo ha fatto, non lo ha voluto fare. Ha preferito assumerlo su di sé, sperimentarlo fino all'ultimo, fino alla morte in croce.
Nel documento finale del Concilio Vaticano II, chiamato Appello agli uomini, la Chiesa ci ha lasciato questo messaggio: "Il Cristo non ha soppresso la sofferenza. Non ha voluto neppure svelarne interamente il mistero. L'ha presa su di sé, e questo è abbastanza perchè ne comprendiamo tutto il valore."
Ma come si può dire che "la sofferenza è un valore"?
Il mondo di oggi fatica sempre di più a cogliere un valore in una situazione di sofferenza. Oggi si cerca in tutti i modi di eliminare il dolore quando si può (e questo è giusto) e di dimenticarlo quando non lo si può eliminare (e questo è assurdo).
Ma il cristiano deve credere che nella sofferenza c'è un valore da cogliere. Noi non la possiamo comprendere del tutto, perchè come è scritto in quell'Appello agli uomini del Concilio vaticano II, nemmeno Cristo ne ha "svelato interamente il mistero".
Però, non è impossibile cogliere almeno qualcosa del significato del dolore.
Nella domanda n. 25, Perchè le preghiere non sempre vengono esaudite? Ho già provato a spiegarti che la sofferenza può servirci a diventare migliori. Ora provo a dirti qualche cosa di più.
La persona che soffre, ad esempio il malato, riesce (anche senza volerlo) a compiere un azione che la rende addirittura simile a Dio: riesce cioè a creare intorno a sé la carità. Quando incontriamo un malato, ci commuoviamo, lasciamo da parte i nostri pensieri e cerchiamo di dedicarci a lui, di alleviare le sue sofferenze. Il malato riesce dunque nel miracolo di renderci migliori, magari per un solo istante.
Ti sembra esagerato dire che colui che soffre diventa quasi simile a Dio? sappi che la frase non è mia: è di Gesù stesso. Infatti Gesù ha detto: "Ero malato, e siete venuti a visitarmi". Lui è il malato, il carcerato, il povero.
André Frossard, lo scrittore francese che si convertì a poco più di vent'anni al cristianesimo, ha scritto che "qualsiasi carenza" cioè qualsiasi forma di povertà, di malattia, di sofferenza, "è una forma della presenza di Dio; chi non è in grado di capirlo, non comprenderà mai niente del cristianesimo".
Ricorda: quando incontri una persona che soffre, è come se incontrassi Gesù.
Il dolore che noi proviamo ci rende più sensibili al dolore degli altri. E quando poi soffriamo per un'altra persona, ad esempio quando stiamo male perchè è morta una persona a cui volevamo bene, abbiamo la prova che siamo stati capaci di amare. C'è dunque un legame profondo che lega la sofferenza all'amore.
Ecco perchè la sofferenza ha un significato.
Gesù, prima di andare a morire in croce, ha detto che quella sofferenza cui andava incontro era necessaria "per entrare nella sua gloria".
E la gloria di Dio - ha detto ancora Frossard - non è altro che l'irradiarsi visibile dell'amore".
L'ultima cosa che ti voglio dire è questa: non dimenticarti che Gesù ci ha promesso la vita eterna. Se non parliamo di questo quando parliamo del dolore, è come se di un film o di una partita di calcio vedessimo solo il primo tempo: non riusciremmo a capire niente.
Il dolore c'è,Gesù stesso non ha potuto né voluto sottrarvisi. Ma il dolore non ha l'ultima parola nella nostra vita. Al contrario, è necessario "per entrare nella gloria". Ed è questa gloria il destino che ci aspetta. la prospettiva dei credenti è quel paradiso dove "Egli dimorerà tra di loro (...) e tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perchè le cose di prima sono passate". E' un passo dell'Apocalisse, capitolo 21, versetti 3 e seguenti.
(da Gesù spiegato a mio figlio. Edizioni Piemme)